Più che 'l doppiar de li scacchi s'inmilla

Notizie e politica

Sono una donna quindi posso…

All’avvicinarsi dell’otto marzo la popolazione femminile, e non, si divide sull’opportunità di festeggiare o meno tale ricorrenze.

La questione fondamentale, però, sarebbe da spostare altrove.

L’otto marzo è una data scelta per ricordare i diritti negati alle donne. Seppure è un’ottima scusa per passare una serata tra amiche o colleghe sarebbe opportuno farlo ricordando di POTERLO FARE, poiché l’8 marzo è esattamente questo: ribadire al mondo intero che sono una donna quindi posso. Posso fare tante cose e posso anche avere gli stessi diritti, doveri e opportunità di un uomo.

Sono una donna quindi posso uscire da sola per lavoro, per la casa ma anche e soprattutto per me e per divertirmi.

Sono una donna quindi posso guidare una bici, un’automobile ma, perché no, anche un camion, una barca o un aereo.

Sono una donna quindi posso gestire, organizzare, dirigere poco importa se tra le mura domestiche o per lavoro.

Sono una donna quindi posso lavorare e il mio lavoro vale tanto quanto quello dei miei colleghi uomini.

Sono una donna quindi posso pensare, discutere, ragionare con la mia testa e non quella degli altri.

Sono una donna quindi “io sono mia” come disse una bimba di 3 anni alla sua mamma.


Spending review… Ambulanze, sanità e salute

Spendere meno, spendere meglio; da molto tempo ormai questo sembra essere il filo conduttore che motiva ogni cambiamento. Così, come ovunque, lo stesso argomento risalta anche quando si parla di Riorganizzazione del sistema sanitario ad Ancona. Se organizzare non è facile, riorganizzare lo è, ovviamente, meno. I fattori da valutare sono sempre troppi per tenerli in conto, ma la storia e l’esperienza dovrebbero essere di grande aiuto. Gli ospedali costano, il trasporto dei malati costa, i malati costano, ma anche i sani… che ogni tanto fanno un controllo o che “addirittura” potrebbero ammalarsi.

Costano perché costano le medicine, ma ancora di più i medici, costano le ambulanze, ma anche il carburante. Ma a monte di tutto ciò c’è un’organizzazione che assicura diversi presidi ospedalieri che offrono servizi di base o particolari specializzazioni, diverse organizzazioni per il trasporto o l’assistenza ai malati e le associazioni che offrono servizi di emergenza rivolti soprattutto a coloro che passano velocemente dall’essere sani all’essere malati.

Noi viviamo in un’isola felice dove, soprattutto per il trasporto dei malati e i servizi di emergenza ci si può rivolgere alle associazioni ANPAS che grazie a numerosi volontari formati permettono di abbassare i costi in maniera drastica. Nonostante ciò queste associazioni oggi soffrono di grossi problemi poiché non arrivano quei rimborsi che loro spettano per coprire i costi dovuti a tutte le spese base, dal carburante ai guanti, mascherine e quanto di norma si usa.

Per risolvere questo problema nell’area Ancona Nord alcuni abili contabili hanno pensato bene non di far meno dell’anomalia, tutta marchigiana, di avere così tante eliambulanze per così poco territorio e abitanti con conseguenti costi elevati; ma di togliere l’auto medica da Falconara e, al suo posto, acquistare due ambulanze delle più equipaggiate affinché possano viaggiare una solo di giorno partendo da Falconara e l’altra solo di notte partendo da Chiaravalle. In queste ambulanze ci sarà un medico e un infermiere.

In breve tempo quindi si dovrebbe affrontare una grossissima spesa per l’acquisto delle nuove ambulanze e dal costo continuo di un infermiere che ora non esiste, se da una parte sarà ripagata da una maggior professionalità, dall’altra vedrà un grosso peggioramento del servizio complessivo in quanto si perderanno: due mezzi di emergenza (su 3). Si deve infatti ricordare che non sempre è necessario un medico anche nei servizi di 118.

In tal modo il servizio di 118 sarà per lo più coperto da personale dipendente e non più dal volontariato, è già questo cozza abbastanza con l’idea che ognuno di noi ha di “spendere meno”.

Sembra finito tutto qui, ma… siamo sicuri che non ci siano effetti collaterali?

Oggi il 118 è coperto grazie a centinaia di volontari che sono raggruppati in associazioni distinguibili solo per il diverso territorio che coprono. Nelle associazioni ANPAS il volontario che entra si ritrova a far parte di un gruppo che, giocoforza, non distingue tra uomo e donna, tra ateo o credente, né tra religione e religione, né, in un certo qual modo, tra giovane e meno giovane.

L’unica vera distinzione è la capacità, la conoscenza di una procedura e l’esperienza. Una volta entrato, quindi, un volontario si trova a far parte di un gruppo che non ti chiede conto delle tue diversità ma ti accetta così come sei, ti critica, ti consiglia, e, soprattutto, ti fa crescere.

Iscriversi a un’associazione di volontariato ANPAS è stato per qualcuno non solo un modo per aiutare gli altri ma che, in primis, un modo per aiutare se stesso allontanandosi dai propri problemi e magari risolvendoli. Alcuni giovani hanno deciso di tuffarsi nel volontariato per fare amicizie, per allontanarsi da una piccola o grande tragedia personale, per cambiare quel percorso di vita che li stava conducendo troppo vicino a strade da evitare. Perché se sei VOLONTARIO, allora sei spacciato, non conta cosa hai fatto ma ora non puoi più sgarrare: e dal primo istante in cui vesti la divisa lo sai. Tutta l’associazione ti aiuterà perché così tu potrai aiutare gli altri.

Ora, ipotizziamo solo un attimo che ciò che i contabili hanno pensato si realizzi.

Alcune ANPAS dovranno chiudere o ridurre fortemente i loro servizi.

Che fine faranno quei volontari che entrando in cerca d’aiuto troveranno le porte della sede sbarrate?

Forse, una tale azione non tocca solo l’erario ma toccherà in primis i cittadini che avranno sempre un numero inferiore di ambulanze che possano soccorrerli e, poi, tutti coloro che grazie alle diverse ANPAS trovano un gruppo su cui contare per rinascere.

Forse, quello che accadrà causerà un danno alla società di cui non si possono delineare nemmeno i lontanamente i contorni.

Noi che faremo?

Per saperne di più: http://www.regione.marche.it/Home/Riformasociosanitariaregionale.aspx


e i leoni? dove sono?

Hic sunt leones

Questo scrivevano i latini sulle loro mappe all’interno dell’Africa. Essi non conoscevano quelle zone, non potevano descriverle, sapevano che c’era qualcosa ma non sapevano cosa. L’unica cosa che di quelle zone conoscevano erano i leoni e quindi l’unica possibilità di descrivere quelle zone remote era proprio “qui ci sono i leoni”, altro non so dire. Non significa che non ci siano cose spettacolari, o chissà cosa, significa il mio sapere finisce qui. Una sorta di “so di non sapere” socratico.

Era questo che caratterizzava gli antichi: l’umiltà. L’umiltà di dichiarare i propri limiti, sapevano eccellere in certi campi ma non pretendevano l’onniscienza.

I nostri avi.

E oggi?

Oggi no.

Nessuno concepisce questo concetto semplicissimo, proprio di ogni bambino: “non posso sapere tutto, altri sanno più di me in certi campi”.  Così ci ritroviamo a leggere dei migliori strafalcioni detti da chicchessia, a leggerli alle volte sembrerebbero battute umoristiche, se non che chi parlava fosse serio.

La mia bisnonna diceva se non sai quel che dire, dì “merda“.

Nell’innocenza dei detti popolari….aveva ragione. In molti casi avremmo preferito non sentire nulla piuttosto che certe affermazioni. Ma il peggio forse non è questo. Si perché che qualcuno spari a caso risposte a qualsivoglia domanda si limiterebbe a esaltare l’ignoranza dello stesso. Il problema si amplifica allorquando chi sente non solo non si accorge della fandonia, per propria legittima ignoranza, ma prende tale fandonia per verità. “Ipse dixit“.

Se l’ha detto tizio deve essere vero, se era scritto sul giornale deve essere vero. No, perché se chi ha scritto l’articolo non sapeva di cosa parlava avrebbe potuto sbagliare. Se tizio è un esperto di forme di tortellini e si esprime in merito ai terremoti potrebbe non avere le conoscenze necessarie.

Oggi, guardandosi attorno, si vede sempre più gente che non ha quell’umiltà di dire e di dirsi “non lo so” ma che pretende di essere esperto di tutto facendo proprie le idee prese in giro, da chi non si sa.

Oggi i leoni non sono più qui né lì né là, forse oggi le cartine sono troppo dettagliate.


Nevica ancora…

Neve e Stalattiti a Chiaravalle

Oggi non nevica…ma fino a questa mattina ne è caduta tanta, e la città è ancora in un caos surreale. Le scuole sono chiuse, erano pronte per essere riapere, ma gli ultimi 50 cm di neve hanno richiuso gli accessi. Dopo una settimana sembra che quello che è stato fatto finora sia tutto inutile.

Girando tutti si adoperano, si spalano i passi, passano gli spalaneve, si organizzano i doppi turni per il soccorso 118 e si attivano alcuni per portare i medicinali da chi non può andare a prenderli da solo…però questa volta i militari sono già qui. 8 tipi tranquilli che dormono insieme i soccorritori della Croce Gialla, gli uni pronti ad uscire per salvare vite, gli altri disponibili ad affiancarli se necessario di notte; mentre di giorno…spalano, come tutti i cittadini.

Però il mondo è strano. Trovi quello che si fa in quattro, quello che spala con la caviglia slogata perché fa parte della protezione civile e non vuole mancare al suo impegno, anche se si è fatto male. Trovi quello che alterna un turno di 118 ad un pomeriggio passato con la pala in mano. Trovi quello che pur di portare a termine il suo lavoro rischia l’assideramento. E poi…e poi trovi quello che è arrabbiato col comune perché è nevicato anche davanti casa sua e nessuno gli ha liberato la macchina oppure quello che pur di liberarsi la sua auto vanifica l’operato dello spazzaneve appena passato…e tu pensi ma la neve non potrebbe metterla dall’altra parte che c’è tanto spazio?

Eppure è così.


La Strada Giusta!

150 anni dall’Unità d’Italia!

Dirlo non è difficile, ma pensare a quello che significa, a quello che comporta, pensare che fino a 150 anni fa questa penisola era caratterizzata da una moltitudine di stati più o meno grandi, da una molteplicità di forme governative e di leggi, pensare che per attraversare la sola Toscana si passavano innumerevoli dogane….fa un certo effetto.

Così oggi un po’ ovunque ci si è resi conto di quanti vantaggi e svantaggi possa aver comportato essere un unico stato, che affianchi alle numerose caratteristiche locali qualcosa di unitario, che ponga sullo stesso livello ogni cittadino.

In quest’occasione ogni paese cerca un’idea per un’iniziativa, che sia in qualche modo caratteristica pur affrontando lo stesso argomento, perché, come si sa, distinguersi ha sempre caratterizzato ogni cittadino!

In questa gara all’originalità da un piccolo comune della provincia di Ancona è spuntata un’idea pazzoide:  il Comune di Chiaravalle assieme all’associazione ciclistica Bicipiù hanno pensato bene di ripercorrere in una staffetta in bicicletta tutta l’Italia chiedendo a chiunque voglia di partecipare, unendosi anche solo per un breve tratto.

È così che è nato il progetto de La Strada Giusta!

Buona Pedalata a Tutti!!!